La presidente della Banca Centrale Europea (BCE), Christine Lagarde, ha recentemente preso la decisione di aumentare i tassi di interesse, portandoli al 4,5%.
Questa mossa è vista come un tentativo di contrastare l’inflazione e di stabilizzare l’economia europea nei turbolenti mercati finanziari globali.
Tuttavia, nonostante le buone intenzioni, uno sguardo più approfondito rivela che questa politica sta avendo solo effetti marginali sull’inflazione.
È quanto afferma il Prof. Marco Mele, Associato di Politica Economica e Amministratore Unico della SFBM spa (gruppo GSE). “Inflazione e tassi di interesse sono strettamente correlati.
Un aumento dei tassi di interesse può rendere più costoso per la gente prendere prestiti, il che a sua volta può contribuire a ridurre la spesa e l’inflazione.
Tuttavia, in molte economie attuali, l’inflazione è più legata a fattori esterni, come i costi dell’energia o delle materie prime, piuttosto che ai tassi di interesse.
Pertanto, aumentare i tassi può avere un impatto limitato su queste forme di inflazione.
L’aumento dei tassi di interesse, pur essendo una leva strategica notevole per controllare l’inflazione, sta avendo un effetto collaterale significativo: l’impoverimento di alcuni Paesi dell’area euro.
Infatti, l’aumento dei tassi di interesse aumenta il costo dei debiti esistenti che i Paesi devono rimborsare. In un momento in cui molte economie sono già sotto pressione, questo può aggiungere un altro livello di difficoltà finanziaria”.
In conclusione, mentre l’obiettivo della politica della Lagarde di controllare l’inflazione mediante l’aumento dei tassi di interesse è comprensibile, è evidente che le sue ripercussioni sulle economie più deboli stanno diventando un motivo di preoccupazione.
Questa situazione sottolinea la delicatezza della gestione delle economie moderne e l’importanza di bilanciare le misure anti-inflazione con il bisogno di sostenere la crescita economica e la stabilità dei Paesi.
Articolo di Pesaro Lorenzo disponibile su CITY BIZ
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